Gli italiani che vanno online tracciano un bilancio positivo dellinnovazione in campo tecnologico e digitale, sebbene vi siano differenze di ceto, per cui i meno istruiti e digitalizzati esprimono maggior ansia e freddezza. Emergono anche unattenzione e una consapevolezza elevate per le novità introdotte dallintelligenza artificiale, verso le quali prevale un atteggiamento di apertura. Sono questi i dati di una recente indagine SWG svolta per la conferenza State of the Net 2018.
Il 58% dei cittadini internauti, circa il 73% della popolazione, ritiene che la società abbia tratto prevalentemente vantaggi dalla digital innovation e associa a questo fenomeno emozioni positive: in primis fiducia (46%) e sorpresa (37%), mentre è una minoranza (18%) a provare emozioni negative. Un soggetto su cinque si pone invece in posizione di attesa, vuole vedere cosa succederà nei prossimi anni prima di scogliere le proprie riserve.
Una lettura disaggregata restituisce però un panorama segmentato in termini di status: paura, invidia e indifferenza rubano spazio a fiducia e ottimismo (-14%) nei segmenti che presentano capitale digitale culturale ed economico limitato: chi si trova impacciato con le nuove tecnologie, chi ha raggiunto al massimo la terza media e chi si percepisce in difficoltà economica, se non povero. Allo stesso modo, se 3 soggetti su 4 si dicono pronti ad affrontare la digital turn, la quota scende ripidamente tra queste stesse categorie, andando a delineare una differenza di ceto nella quale linformation literacy occupa un ruolo preminente. Questi dati ci lasciano quindi inferire che anche gli oltre 10 milioni di cittadini digital divide, se interpellati circa linnovazione digitale, non descriverebbero una valle incantata.
Il valore aggiunto dellinnovazione 4.0 non è inoltre percepito come omogeneo: se per l80% è indubbio il suo apporto positivo alla scienza medica, alla mobilità (77%) o al business (64%), questo risulta più controverso in altri campi (sicurezza, cultura, ambiente, alimentazione) per poi segnare invece una brusca frenata in un campo specifico: la politica. Per un terzo degli italiani linnovazione digitale ha danneggiato la politica, per 4 su 10 lha influenzata sia in bene sia in male; solo uno su 4 afferma che lha migliorata.
Parlando di intelligenza artificiale è interessante osservare come gli italiani si posizionino tra le due figure idealtipiche del dataista, colui che affiderebbe la sua vita agli algoritmi, e dello umanista, che rigetta in toto lintelligenza artificiale. Queste posizioni estreme paiono riguardare una minoranza rispettivamente del 10% e del 13%, mentre i 3/4 sembrano propendere per soluzioni sinergiche che ondeggiano lungo il continuum.
Osservando le specifiche mansioni che le persone affiderebbero oggi agli algoritmi è possibile intravedere quattro regni:
il dominio umano (quello della cura, dello humor, della cucina e dello storytelling);
il dominio delluomo affiancato dalla macchina (ad esempio nella creatività e nella socialità);
il dominio ibrido a trazione artificiale (guida, diagnostica, guerra, ecc.);
il dominio delle macchine (gli itinerari in città, il trading e gli scacchi).
Chiedendo loro cosa farebbero tra 10 anni, la situazione muta sostanzialmente a vantaggio degli algoritmi, per cui gli ultimi due domini paiono fagocitare gran parte delle attività, relegando il regno umano alla cura dei figli e allumorismo. Un segnale che tra i cittadini si sta sviluppando una certa consapevolezza e attenzione ai recenti e futuri sviluppi in materia di innovazione digitale.
Linfluenza dei social network sullopinione pubblica è rilevante e anche quella percepita su politici e giornalisti (elevata su entrambi per l80% degli intervistati).
Se si ritiene in prevalenza che i social network abbiano influenzato negativamente le testate e i telegiornali (54%), la quota di chi intravede invece uninfluenza positiva arriva al 36% (+10%, rispetto a due anni fa).